Negli ultimi anni, abbiamo sentito spesso parlare di superfood, soprattutto in relazione a varietà esotiche. Ma quali sono, se ce ne sono, i superfood italiani? Forse non tutti sanno che anche nel nostro paese si producono alimenti considerati “super”.
Vediamoli insieme in questo articolo.
Cosa sono i superfood
Il termine superfood (supercibi, in italiano) identifica una serie di alimenti di origine vegetale particolarmente ricchi di sostanze e proprietà nutritive benefiche per l’organismo, come vitamine, antiossidanti, minerali, fibre e omega 3.
Tra i superfood rientrano, ad esempio, le bacche di goji, la quinoa, l’amaranto, i semi di chia, l’alga spirulina, ma anche radici e spezie come zenzero e curcuma, solo per citarne alcuni.
Nonostante questa parola sia ormai entrata nel nostro linguaggio comune, l'Istituto Superiore di Sanità mette in guardia dai possibili fraintendimenti ed errori che possono derivare: “Il termine <<superfood>> non ha mai ricevuto una definizione ufficiale da parte di istituzioni internazionali che si occupano della qualità e della sicurezza degli alimenti come la Food and Drug Administration (FDA), negli Stati Uniti, e l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), in Europa”.
In altre parole, non esiste una lista riconosciuta dei superfood - né un’etichetta apposita - perché i nutrienti contenuti al loro interno sono presenti anche in altri cibi, meno esotici ma altrettanto salutari. Pertanto, viene meno quel carattere di esclusività che li ha resi “super” di nome e che, se non considerato nel modo giusto, potrebbe portare ad abitudini alimentari scorrette.
L’importanza di una dieta sana ed equilibrata
Mangiare supercibi, infatti, non può sostituire una dieta equilibrata e diversificata che, abbinata a un corretto stile di vita, garantisce di per sé il giusto apporto delle sostanze nutritive di cui abbiamo bisogno.
L’idea che solo i superfood abbiano certe proprietà, invece, rischia di incentivare consumi eccessivi e avere effetti controproducenti per la salute delle persone.
Già nel 2016, il Guardian descriveva i benefici noti e presunti di alcuni cibi considerati super salutari, evidenziando anche alcune pecche di tipo ambientale legate alla loro produzione.
Senza voler demonizzare i cosiddetti “superfood”, è importante sottolineare però anche un altro aspetto. Molto spesso si tratta di alimenti provenienti da territori lontani e che, per questo, hanno costi sostenuti o comunque superiori ad altri prodotti locali dotati delle stesse caratteristiche nutrizionali. In questo senso, conoscere e valorizzare i superfood nostrani può aiutare a fare scelte più consapevoli e sostenibili, per il portafoglio e per il Pianeta.
I superfood italiani da Nord a Sud
Ma quali sono i superfood italiani? A stilare la lista delle varietà più meritevoli sotto il profilo nutrizionale e ambientale, ci ha pensato Coldiretti qualche anno fa.
Vediamo quali sono, secondo l’Associazione di categoria, i “superfood della nonna”, come sono stati soprannominati per via del loro legame con le tradizioni locali.
- Il mais della Lombardia.
Dalla Lombardia arriva il mais corvino, di colore nero-violaceo, chiamato così per la forma particolare del chicco - allungato e appuntito - che somiglia al becco di un corvo. Naturalmente senza glutine e ricco di antocianine antiossidanti, può essere utilizzato in tantissimi modi. Dalla sua farina si ricavano ad esempio pane, polenta, biscotti e tanti altri prodotti da forno. - Il radicchio friulano.
Intensa, appena amarognola e croccante al palato: la rosa di Gorizia è la specialità “super” della regione. Questa tipica varietà di radicchio, la cui forma ricorda quella del fiore, assume tonalità rosso vivace, tendenti al rosa o al granato. Ricca di ferro, calcio, antiossidanti, acido folico e vitamine, ha un effetto depurativo per l’organismo. - L’agrume della Liguria.
Il chinotto è un agrume tipico della Liguria, dove si coltiva fin da tempi remoti e viene utilizzato per marmellata e mostarde, ma anche sciroppato, candito, al liquore, in elisir. Sono note infatti le sue proprietà antiossidanti, assicurate dalla vitamina C, dal beta-carotene e dalla naringina (che è anche un antinfiammatorio). - I carciofi dell’Emilia-Romagna.
Tanto ferro e pochi zuccheri caratterizzano invece il carciofo moretto di Brisighella, in Romagna, noto fin dall’antichità e recuperato di recente dagli agricoltori locali. Usato anche per la preparazione di decotti e amari, si conserva sott’olio e si consuma crudo o leggermente lessato. La coltivazione avviene su terreni argillosi e impervi, aspetto che ne rende difficile la produzione industriale. - Le visciole delle Marche.
Ingrediente indispensabile per il famoso vino, le visciole sono una specie di ciliegie che una volta cresceva spontaneamente nelle campagne della regione. I contadini le raccoglievano e le lasciavano essiccare al sole per poi consumarle durante il lavoro nei campi, in virtù delle loro proprietà rinvigorenti. Ma le visciole hanno anche un ottimo potere saziante e contengono sostanze benefiche per l’organismo come gli antociani, efficaci antinfiammatori. - I fagioli laziali.
Simili al cannellino a vedersi, i fagiolini del Purgatorio hanno un sapore ancora più delicato. Sono bianchi, piccoli e rotondi e la loro buccia è finissima. Dall’elevato valore nutrizionale, sono apprezzati anche per la velocità di preparazione: basta un’ora di cottura per gustarli in zuppe, minestre o come accompagnamento a ricette in umido, come spezzatini di carne o piatti di pesce. - Il legume umbro.
Assomiglia a un piccolo pisello la roveja di Civita di Cascia (provincia di Perugia), ma il suo seme è più colorato, con pigmenti che vanno dal verde scuro, al marrone, al grigio. È chiamata anche roveglia, robiglio, pisello dei campi, corbello, e può essere consumata fresca o secca. Povera di grassi, ha un elevato contenuto di proteine, carboidrati, fosforo e potassio. La sua coltivazione, limitata a un’area ristretta della regione, è piuttosto difficoltosa e condotta necessariamente con metodi manuali. La roveja di Cascia è un Presidio Slow Food. - Le patate abruzzesi.
Si chiama patata turchesa, o anche turca o turchesca, e nonostante il nome (e la provenienza) esotico è una delle coltivazioni tipiche dell’Abruzzo. La buccia, ricca di antiossidanti preziosi per la salute, è color viola intenso mentre la polpa - a basso contenuto di liquidi - è bianca. Presente nelle montagne della regione fin dal 1700 è anch’essa Presidio Slow Food. - Le carote e i cetrioli della Puglia.
Inserite nell’elenco dei PAT (Prodotti Agroalimentare Tradizionale Italiano) dal 2015, le carote viola di Polignano (in provincia di Bari) sono un concentrato di polifenoli, flavonoidi e antocianine dallo spiccato potere antiossidante. Sono chiamate così per via della loro colorazione, che varia dal giallo pallido al viola deciso, e si distinguono per il loro sapore peculiare, diverso dalle comuni carote arancioni. Altro toccasana per il corpo è il barattiere, specie a metà tra il cetriolo e il cocomero, caratterizzato da un elevato contenuto di potassio, ma povero di zuccheri e sodio. Perfetto per chi è a dieta, assicura anche una buona digeribilità. - Le melanzane lucane.
Chi non le conosce può scambiarle per pomodori e invece sono le melanzane rosse di Rotonda DOP. Sono tonde, di colore aranciato intenso-rosso, talvolta con striature verdi, e vantano numerose proprietà antiossidanti che combattono l’invecchiamento cellulare. Tipiche della provincia di Potenza, questi ortaggi originari dell’Africa sono utilizzati come sostituto della più comune melanzana viola. - I pomodorini della Campania.
Cresce alle pendici del Vesuvio il pomodorino del piennolo, una varietà DOP dalle numerose qualità organolettiche. Il nome deriva dall’antica tecnica di conservazione “al piennolo”, a cui è ancora oggi sottoposto: dopo essere stati legati tra loro, i pomodori maturi formano grandi grappoli che vengono poi appesi e possono essere lasciati riposare per un intero anno. A seconda del grado di maturazione, cambia sia la consistenza che il sapore, ma le ricette per usarlo non mancano! - Il peperoncino calabrese.
La Calabria è famosa per i suoi sapori forti e le sue note piccanti, date anche dal peperoncino (o diavolicchio) di Diamante, località costiera in provincia di Cosenza. È qui che viene coltivato questo particolare ecotipo, a cui è dedicato anche un festival annuale con gara di mangiatori annessa. Tra le proprietà del peperoncino, ricordiamo soprattutto quelle antiossidanti derivanti dalla vitamina C, alleata delle difese immunitarie. - Il legume della Sicilia.
Terzo e ultimo, ma non per importanza, legume della nostra lista è la fava Larga di Leonforte (Enna). Anch’essa Presidio Slow Food, servivano per arricchire di azoto il terreno coltivato a grano. Una volta essiccato, si conserva a lungo e garantisce un alto apporto di proteine e sali minerali. Appena raccolte queste fave sono buone condite con il pecorino, oppure si cucinano nella frittata. - L’agrume sardo.
Chiudiamo quindi con una nota agrodolce: quella del sa pompia, agrume aspro tipico del territorio di Siniscola utilizzato per la preparazione di dolci tradizionali come ''sa Pompia intrea'' e "s'aranzada". Le sue origini sono sconosciute e si pensa che possa essere un incrocio tra un cedro e un limone. Oltre ai dessert, dalla sa pompia si ricavano anche oli essenziali per tosse, raffreddore e intestino.
Altri superfood italiani: dall’olio extravergine alla frutta secca
Quelle che abbiamo visto sin qui sono solo alcune delle specialità tipiche del nostro territorio, preziose anche per la loro valenza nutrizionale. Ma il patrimonio alimentare italiano è ricchissimo ed estremamente diversificato e, tra i superfood di casa nostra, possiamo citare anche altri prodotti diffusi su più aree geografiche, come ad esempio:
- l’olio extravergine di oliva: fonte di antiossidanti capaci di ridurre il livello di radicali liberi e di limitare i processi infiammatori dell’organismo;
- i pomodori: ricchi di licopene, efficace per la prevenzione del tumore alla pelle;
- i legumi: dall’alto apporto proteico, basso contenuto di grassi e quasi del tutto privi di colesterolo, oltre che ricchi di fibre;
- la frutta secca a guscio (come mandorle, noci, nocciole, pinoli, arachidi…): che abbondano di grassi “buoni”, contribuendo così ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue.
Come dicevamo all’inizio, al di là delle specificità nutrizionali di ciascun alimento, ciò che fa la differenza è la dieta: un’alimentazione varia e bilanciata è fondamentale per la salute e il benessere.