Economica, duratura e versatile, la plastica è un materiale molto presente nelle nostre vite e ha contribuito in gran parte a migliorane la qualità. È usata in edilizia, in ambito medico e nell’industria alimentare, solo per citarne alcuni.
D’altra parte, però, la plastica è anche una fonte preoccupante di inquinamento e ha conseguenze dannose per l’ambiente e le persone.
Soluzioni e iniziative diffuse per ridurre il problema, salvaguardando la salute del Pianeta e favorendo lo sviluppo sostenibile delle comunità non mancano, ma è necessario il contributo di tutti, a ogni livello.
Vediamo allora quali sono gli effetti della plastica e come limitarne l’impatto.
L’impatto della plastica in numeri
La plastica è onnipresente nella nostra quotidianità, ma non è sempre stato così. La sua produzione e diffusione inizia nel 1950 ma cresce esponenzialmente a partire dagli anni Settanta, e così i rifiuti plastici correlati, triplicati nell’arco di soli vent’anni.
Infatti, oggi produciamo soprattutto oggetti monouso, ovvero “usa e getta” (come bottigliette di plastica, imballaggi alimentari o sacchetti per la spesa), che vengono quindi buttati poco dopo essere stati adoperati. Secondo l’UNEP (il programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite), ogni anno generiamo circa 400 milioni di rifiuti di plastica in tutto il mondo. E che fine fanno? Lo stesso rapporto rivela che la maggior parte è dispersa nell’ambiente, oppure trasportata per migliaia di chilometri verso destinazioni dove viene per lo più bruciata o gettata in discarica, con ricadute sul piano ecologico, economico, sociale e sanitario.
La plastica infatti non è un materiale biodegradabile: abbandonata in natura, può restare nei campi, nei fiumi e nei mari per centinaia di anni, accumulandosi e creando un impatto devastante. Studi recenti suggeriscono che ogni anno entrano negli oceani tra 1 e 2 milioni di tonnellate di plastica e - se continueremo così - entro il 2050 il peso delle plastiche presenti nei mari supererà quello dei pesci.
Il problema delle micro e delle nanoplastiche
L’inquinamento ambientale non è l’unico problema. I rifiuti plastici abbandonati si frantumano in pezzetti sempre più piccoli, le cosiddette micro e nanoplastiche: particelle minuscole (sotto i 5 millimetri) che possono essere inalate o ingerite anche dagli esseri umani attraverso l’acqua e il cibo, con conseguenze per la salute non del tutto chiare. È importante sottolineare poi che le microplastiche non derivano solo dallo sbriciolamento degli oggetti più grandi, ma si trovano anche all’interno dei prodotti cosmetici, dei tessuti sintetici e degli pneumatici, delle vernici e dei mozziconi di sigaretta (il filtro contiene fibre di plastica), in assoluto la tipologia più comune di rifiuti plastici presenti nell'ambiente.
La plastica e le emissioni di gas serra.
A questo si aggiunge infine un altro aspetto. La plastica è un materiale sintetico ricavato principalmente da combustibili fossili, come petrolio, gas naturale e carbone, prodotti non rinnovabili responsabili, tra gli altri, del surriscaldamento globale.
Secondo il report 2019 del Centre for International Environmental Law (Centro di Legge Ambientale Internazionale), ogni singola fase del ciclo di vita della plastica è caratterizzata dall’emissione dei gas serra nocivi per il Pianeta: dall’estrazione, alla raffinazione e produzione, fino allo smaltimento. Ai ritmi di produzione attuali, entro il 2050 potrebbe raggiungere il 3,7% delle emissioni mondiali. Una condizione che rischia di “minacciare gli sforzi globali per mitigare gli impatti più catastrofici del cambiamento climatico”.
Gli effetti della plastica sull’ambiente e le persone
La prima vittima della nostra dipendenza dalla plastica è l’ambiente. L’inquinamento di suolo e acque, soprattutto in Paesi come l’Africa e l’Asia dove i sistemi di raccolta sono carenti o inesistenti, e la contaminazione delle specie animali è ormai una triste realtà.
Nel rapporto del 2023 “Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire”, il WWF riferisce di 1557 specie, terrestri e marine, che hanno ingerito plastica in tutto il mondo riportando effetti quali “intrappolamento, lesioni, soffocamento, mancanza di un’alimentazione adeguata e intossicazione da sostanze chimiche”.
Mari e oceani sono i più colpiti dai detriti plastici - soprattutto sacchetti, bottigliette, contenitori e incarti alimentari - ed è sempre più frequente il termine “plastisfera”, ovvero ecosistemi che si sono evoluti per sopravvivere in ambienti plastici artificiali.
Gli effetti sugli esseri umani e l’economia
Anche gli esseri umani non sono immuni dai rischi derivanti dal contatto con i rifiuti plastici, che vengono assorbiti sotto forma di microplastiche attraverso la catena alimentare (ci nutriamo delle specie animali che le hanno inghiottite) o tramite altri prodotti di uso comune, come capi sintetici e cosmetici. Gli effetti per la salute umana non sono ancora del tutto noti, ma le sostanze di cui è composta la plastica sono spesso tossiche e possono quindi rivelarsi dannose per l’organismo.
Uno degli studi più corposi sull’impatto della plastica dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento, parla esplicitamente di “ingiustizia sociale” a carico dei Paesi più poveri del mondo. È qui infatti che ha luogo la produzione della plastica a basso costo ed è qui che vengono spedite ogni anno tonnellate di rifiuti dai Paesi più ricchi, anche in assenza di infrastrutture adeguate per la loro gestione. Con il risultato che le popolazioni più svantaggiate sono esposte all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli ecosistemi degradati e lo sviluppo sostenibile messo in pericolo.
Dal punto di vista economico, le perdite maggiori sono legate alle spese necessarie per la pulizia dei mari e delle coste, ma anche ai danni alla pesca e al turismo.
Ridurre la plastica e adottare misure per contenere gli effetti negativi è dunque necessario e urgente.
Possibili soluzioni e azioni istituzionali
È evidente che il problema della plastica è piuttosto articolato e non circoscritto a un unico posto, ma coinvolge diversi territori e giurisdizioni contemporaneamente. A livello Europeo, qualcosa è già stato fatto e tuttora si sta facendo: una delle iniziative più evidenti è sicuramente la recente messa al bando degli oggetti di plastica monouso di cui esiste già un’alternativa disponibile sul mercato. Tra questi rientrano cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bastoncini mescola bevande e bastoncini da palloncino.
Altre iniziative riguardano la necessità di ridurre i rifiuti marini e aumentare l’uso di plastica riciclata (con l’obiettivo di raggiungere il 30% di contenuto riciclato nelle bottiglie di plastica entro il 2030). Tuttavia è necessaria una strategia di ancora più larga scala.
Verso un Trattato globale sulla plastica?
In questo senso, lascia ben sperare il percorso intrapreso dalle Nazioni Unite per redigere e sottoscrivere un Trattato globale sulla plastica legalmente vincolante, atteso per la fine del 2024. Anche l’UNEP ha contribuito con il documento “Turning off the Tap: How the world can end plastic pollution and create a circular economy” (Chiudere il rubinetto: come il mondo può porre fine all'inquinamento da plastica e creare un'economia circolare). Il testo suggerisce alcuni cambiamenti al modo in cui produciamo e usiamo questo materiale.
Il primo passo è la riduzione di tutta la plastica definita “problematica o non necessaria” e che, per ragioni di formato, composizione o dimensione, non rientra nei meccanismi di riciclaggio.
A questo si aggiungono poi le altre 3 soluzioni:
- Il riutilizzo, che comporta un cambio di paradigma sostanziale, dall’attuale cultura dell'usa e getta alla società del riuso, anche attraverso condizioni economiche vantaggiose per le aziende, sistemi di distribuzione di prodotti sfusi, di ritiro e riutilizzo di contenitori, ad esempio. Tutto questo, potrebbe portare alla riduzione dell'inquinamento da plastica del 30% entro il 2040.
- Il riciclo potrebbe generare un ulteriore calo dell’inquinamento (-20%) se favorito dalla giusta disponibilità e accessibilità di materia prima riciclata e da linee guida di progettazione condivise;
- La sostituzione, ovvero il riorientamento e la diversificazione di quanto già esistente con alternative più sostenibili, come carta o materiali compostabili. Un’attività che contribuirebbe per una riduzione aggiuntiva del 17% sempre entro il 2040.
Queste sono solo alcune delle azioni possibili ad ampio raggio, ma le buone pratiche individuali non mancano.
Cosa possono fare i consumatori
Nel corso della campagna #Io Sono Ambiente, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha promosso una serie di comportamenti virtuosi che ciascuno di noi può adottare. Il vademecum comprende indicazioni come: non abbandonare la plastica sulla spiaggia e in mare, fare la raccolta differenziata, usare buste riutilizzabili per la spesa, adoperare borracce e brocche di vetro invece delle bottiglie di plastica, comprare indumenti in fibre naturali, non acquistare alimenti avvolti in imballaggi di plastica.
Alcune sono più semplici da mettere in pratica di altre, ma certamente non sono le uniche. Preferire prodotti sfusi, ad esempio, o ecocompatibili (come pannolini lavabili), possono contribuire alla riduzione della plastica e del suo impatto sull’ambiente.
Anche la spesa di tutti i giorni può essere l’occasione per fare la propria parte.
Le iniziative di Unicoop Tirreno
La recente iniziativa di Unicoop Tirreno che dona una seconda vita alle bottiglie di plastica ne è un esempio. Si chiama “Da bottiglia a bottiglia” e prevede l’installazione di un ecocompattatore intelligente Coripet (dall’omonimo consorzio volontario e senza scopo di lucro) al di fuori dei supermercati. Questa macchina “mangia plastica” trasforma le bottiglie portate dai soci in R-PET per la produzione di nuovi contenitori per liquidi alimentari.
Un progetto di economia circolare efficace e tangibile, a vantaggio dei soci - che ricevono un punto per ogni bottiglia conferita - e dell’ambiente.
Ma non è l’unico. Nei suoi punti vendita, Unicoop Tirreno propone infatti prodotti a marchio Coop, riprogettati di recente per ridurre gli imballaggi di plastica (compresi quelli alimentari) e aumentare la percentuale di materiale riciclato. Per sensibilizzare e guidare i consumatori nello smaltimento, favorendo la raccolta differenziata, fin dal 2007 ogni confezione riporta chiare indicazioni sulla destinazione delle confezioni. Non solo, le linee di cosmetici e detergenti Coop presenti nei nostri supermercati non contengono microplastiche aggiunte.
Per noi di Unicoop, la sostenibilità ambientale non è solo un obiettivo, ma una pratica quotidiana, che costruiamo insieme giorno dopo giorno.