Fritto, si sa, è buono tutto. O quasi: perché, al di là del gusto, la frittura è una delle cotture più delicate e meno salutari (se consumate in eccesso) di tutte e la scelta dell’olio può incidere molto sul risultato e sul sapore finale. Riempire una padella del primo olio che capita non basta. Per rendere giustizia alle preparazioni - e limitare gli effetti nocivi - è importante scegliere bene l’olio per friggere e seguire alcuni accorgimenti: scopriamo di più in questo articolo.
Il punto di fumo dell’olio: cos’è e perché è importante per friggere
La temperatura ideale per friggere è tra i 160° e i 180°: più bassa rischia di lasciare crudi gli alimenti che assorbono troppo olio; più alta rischia invece di bruciarli. Eppure non tutti gli oli hanno lo stesso grado di sopportazione. Quando sono sottoposte alle alte temperature, le molecole dell’olio tendono a decomporsi e a formare sostanze potenzialmente dannose per la salute. Per questo, uno dei parametri più importanti da considerare è il punto di fumo. Si tratta della temperatura massima a cui l’olio può arrivare prima di passare dallo stato liquido a quello gassoso, che genera fumo continuo e libera composti tossici.
È dunque fondamentale non superare mai il punto di fumo durante la frittura, poiché temperature superiori deteriorano rapidamente la qualità dell'olio e del cibo fritto.
Oli diversi hanno punti di fumo differenti, influenzati dalla loro composizione e dal grado di raffinazione:
- olio di palma: 240°
- olio extravergine di oliva: 210°
- olio di oliva: 190°
- olio di arachidi: 180°
- olio di mais: 160°
- olio di soia: 130°
- olio di girasole: 130°.
La composizione dell’olio: grassi, ossidazione e raffinazione
Come sono fatti gli oli? Sono miscele di trigliceridi con tre tipi di grassi: saturi, monoinsaturi e polinsaturi.
I primi, i grassi saturi, andrebbero consumati in quantità ridotte perché associati al colesterolo cosiddetto “cattivo”. Li troviamo soprattutto nell’olio di palma, nello strutto e nel burro chiarificato.
I grassi polinsaturi, pur essendo “buoni”, hanno però un altro difetto: più instabili alle alte temperature, degradano facilmente, a differenza dei monoinsaturi che mantengono inalterata le loro qualità e proprietà organolettiche. Olio di girasole, soia e mais, sono ricchi di grassi polinsaturi e, pertanto, meno preferibili rispetto a olio extravergine di oliva e olio di arachidi che hanno invece un’elevata percentuale di grassi monoinsaturi. Inoltre questi oli resistono bene anche all’ossidazione, un’alterazione che si verifica soprattutto a contatto con alimenti ricchi di acqua, come verdure o pesce.
Infine, c’è un altro aspetto che va considerato quando si sceglie l’olio per friggere: la raffinazione. Un processo che, attraverso l’uso di solventi chimici, riduce gli acidi grassi liberi e altre impurità, e innalza il punto di fumo dell’olio. Qui sta, ad esempio, la differenza tra olio evo e olio d’oliva non extravergine. L’olio extravergine non è raffinato e, pertanto, contiene una quantità di acidi grassi liberi variabile a seconda della lavorazione, della varietà di olive impiegate e dell’acidità. L’olio d’oliva non extravergine, invece, essendo raffinato ha comunque un buon punto di fumo, è privo di acidi grassi liberi e ricco di monoinsaturi che lo rendono piuttosto stabile anche a contatto con il calore elevato.
Allora come scegliere l’olio migliore per friggere? Un buon punto di partenza sono le etichette alimentari che offrono informazioni dettagliate anche sui grassi presenti negli oli, ma come abbiamo visto questo non è l’unico criterio di cui tenere conto.




Qual è l’olio migliore per friggere? Guida alla scelta consapevole
Quando si tratta di cibo, non va trascurato infatti un fattore essenziale: il sapore. Alcuni oli possono condizionare più di altri il gusto della preparazione. Mettendo insieme quest’ultima caratteristica con quelle viste sin qui, possiamo riassumere le principali varietà come segue.
- Olio d’oliva
L'olio di oliva (Extra Vergine e raffinato) di qualità è stabile e salutare per friggere. L’olio evo possiede un elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi (principalmente acido oleico) e di antiossidanti naturali (si tratta pur sempre di un superfood nostrano!), e presenta una notevole stabilità ossidativa alle temperature di frittura. Il suo uso può però destare qualche perplessità per via del sapore “forte” che può conferire al piatto. D’altra parte, l'olio d'oliva raffinato ha un punto di fumo comunque alto e un aroma più delicato, pertanto è anch'esso adatto alla frittura. - Olio di arachidi
Questo olio è ampiamente raccomandato per la frittura, soprattutto nella ristorazione professionale, grazie al suo elevato punto di fumo e alla buona stabilità dovuta al discreto contenuto di acidi grassi monoinsaturi. Inoltre il suo sapore neutro - che non altera il gusto degli alimenti fritti - lo rende molto versatile. Da non dimenticare anche l’aspetto economico: l’olio di arachidi è infatti generalmente meno costoso di quello di oliva. - Olio di girasole
Il tipo tradizionale (ricco di acido linoleico, un polinsaturo) è meno stabile per fritture intense, mentre le varietà "alto oleico" (ovvero ricche di acido oleico, un grasso monoinsaturo ottenuto da una modificazione genetica non ogm) sono invece molto più adatte grazie alla loro maggiore resistenza all'ossidazione. Buona stabilità al calore e punto di fumo elevato fanno di questi oli una valida alternativa a quelli più tradizionali per la frittura. - Olio di palma
Sebbene abbia il punto di fumo più alto di tutti, l'olio di palma è oggetto di dibattito per motivi ambientali legati alla sua sostenibilità, e nutrizionali per via dell'apporto consistente di grassi saturi.




Consigli pratici per una frittura sana
Come anticipato, i fritti andrebbero consumati con moderazione. Tuttavia non bisogna demonizzare questa preparazione, soprattutto se fatta seguendo alcune regole basilari.
La prima riguarda la conservazione dell’olio che andrebbe riposto in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di luce e calore dirette.
È importante usare sempre olio fresco, senza riutilizzare più volte lo stesso. Se proprio non se ne può fare a meno, attenzione a non rabboccarlo con olio nuovo - se ne comprometterebbero le proprietà - e a non riutilizzarlo per troppe volte. Bisogna sapere infatti che l’olio già usato tende ad avere un punto di fumo più basso, con tutte le conseguenze che questo comporta per la cottura degli alimenti, e a mal sopportare persino le basse temperature.
A questo proposito, è sempre consigliabile dotarsi di un termometro da cucina che aiuti a misurare con esattezza la temperatura dell’olio prima di iniziare a friggere, evitando di superare la soglia critica dei 180°.
È poi necessario che la quantità d’olio in padella sia adeguata: quando se ne usa troppo poco infatti si rischia di abbassare la temperatura anche sotto i 150°, lasciando così il cibo crudo all’interno. Una volta terminata la cottura, è bene togliere l’olio vecchio e usarne di nuovo, lasciando scolare gli alimenti su fogli di carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
Se si vuole aggiungere sale o spezie, meglio farlo a frittura conclusa, perché anche questi ingredienti potrebbero alterare la qualità dell’olio.
Per quanto deliziosa, la frittura comporta trasformazioni chimiche nell'olio che possono generare composti indesiderati. La scelta di un olio adatto è dunque fondamentale per minimizzare questi rischi e ottenere fritture buone al palato e più salutari per l’organismo.