Ascensore sociale. Si chiama così la possibilità per ogni individuo di accedere a condizioni sociali ed economiche migliori di quelle date alla nascita. L’ascensore sociale ha funzionato in Italia per intere generazioni e ha consentito a tanti di noi di migliorare la propria posizione, prendendo un diploma, una laurea, comprando una casa e garantendo alla propria famiglia un livello di benessere mai vissuto dalle generazioni precedenti. Le ricerche sociali e le statistiche rilevano che oggi in Italia quell’ascensore si è fermato. I salari reali negli ultimi 10 anni sono cresciuti meno dell’inflazione. Nel dopo Covid le famiglie italiane si sono trovate più povere e più sole, con una scuola e una sanità che non garantiscono più a tutti un uguale livello di servizio e risposte adeguate ai propri bisogni.
Anche di questo si è parlato a fine ottobre, a Bologna, alla Biennale dell’economia cooperativa. Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha aperto i lavori, i tanti ospiti hanno analizzato la società di oggi e sottolineato come la Cooperazione possa svolgere un ruolo ancora significativo. Anzi, oggi più che mai. Proprio perché quell’ascensore sociale non funziona più. Il capitalismo mostra la sua faccia aggressiva, lasciando indietro i più fragili, facendo aumentare la distanza fra i pochi che hanno molto e i tanti che hanno poco, una moltitudine di persone a livello globale scivolate nella povertà, e anche in Italia.
C’è anche un altro tipo di povertà lì a mostrarci come l’ascensore sociale si è fermato: quella educativa, in preoccupante crescita. L’organizzazione internazionale Save the Children la definisce “la privazione della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni di bambini, bambine e adolescenti”. Ossia l’impossibilità di accedere a risorse economiche, cognitive e culturali per la promozione della propria libertà individuale, quelle esperienze educative offerte dal territorio in cui i ragazzi e le ragazze vivono e di cui sono sempre più privati anche nel giardino fiorito dell’Occidente.
Sintetizzando il nostro comune sentire di cooperatori possiamo affermare che questo mondo non ci piace. Perciò è dovere della Cooperazione giocare il suo ruolo, rivendicando un’idea di società diversa, mantenendo saldi i principi che la contraddistinguano e la differenziano dalle altre forme di impresa, e diffondendoli. Tra questi la promozione della cultura e dell’emancipazione attraverso progetti sociali e attività culturali propri o in co-progettazione con le associazioni, entrando nel mondo scolastico per contribuire a formare una conoscenza consapevole di ragazzi e famiglie. Una funzione sociale e culturale, oltre che economica. A ben guardare, questo è ciò che rende unico il modello d’impresa cooperativa. Cooperative solide fanno sì che il messaggio cooperativo sia forte e utile per tutti coloro che oggi sono messi ai margini del sistema capitalistico. Ed è tenendo conto anche di questa missione che le Cooperative di Consumo sono oggi impegnate nel faticoso compito di rilanciare la propria posizione, rafforzando la presenza sui territori.
E lo è anche Unicoop Tirreno che, insieme alle altre Cooperative del Distretto Tirrenico, sta ponendo in essere un progetto di consolidamento e rilancio che la vedrà impegnata in un percorso di sinergie e cambiamenti necessari per andare incontro al futuro.
Simonetta Radi, presidente Unicoop Tirreno